Da La Stampa
Baby sitter, buoni spesa, corsi di lingua, orari flessibili, asilo per i figli dei dipendenti e persino un maggiordomo aziendale, che svolge commissioni che i lavoratori non hanno il tempo di sbrigare. Le strade del welfare d’impresa si moltiplicano e sembrano soddisfare sia i datori di lavoro che i loro collaboratori, con la benedizione del fisco, che guarda con occhio amichevole il matrimonio di interessi.
Il welfare aziendale sta galoppando, anche per rispondere al welfare statale e pubblico che sta arrancando, e porta con sé indubbi benefici: cambiano il clima e le relazioni sindacali, che da conflittuali diventano più collaborative; si arricchisce il catalogo dei benefit per i dipendenti, con costi ridotti rispetto a quelli degli aumenti salariali; aumenta la reputazione delle aziende, che nelle erogazioni contrattate escono dai confini d’impresa e si aprono al territorio (l’esempio dell’asilo nido aperto anche ai figli dei non dipendenti è uno dei più emblematici); e migliora la produttività.
Il vento di questa formula di gestione aziendale è trainato dalla aumentata sensibilità delle imprese. L’89% delle aziende e il 62% dei dipendenti ne dà un giudizio positivo ed entrambi (74% e 55%) credono nelle sue magnifiche sorti e progressive. Nelle grandi aziende (sopra i 250 dipendenti) la percentuale sale al 93%. Le aziende ci credono di più ma tra i lavoratori, superati pregiudizi e diffidenze, cresce la consapevolezza dei vantaggi che ne derivano per tutelare il potere d’acquisto dei salari. E’ il dato che emerge dall’ultima ricerca Doxa – Edenred 2016 sullo stato del welfare aziendale in Italia, che non si incrina nonostante esistano ancora diverse valutazioni sugli obiettivi.
Per le imprese il welfare aziendale è funzionale agli obiettivi di valorizzazione delle risorse umane (79%), miglioramento del clima aziendale (77%) e aumento della produttività dei lavoratori (61%). Per i dipendenti, invece, l’obiettivo principale è il miglioramento del clima aziendale (61%) e della produttività (57%), ma la valorizzazione delle risorse umane è messa al terzo posto (56%). Qualche perplessità in più si riscontra nelle piccole imprese, che sottolineano tra gli ostacoli la minore formalizzazione e contrattazione e le complicazioni organizzative e fiscali. In ogni caso il catalogo dei benefit si allunga. Tra le quasi cento possibilità oggi presenti nel mercato, vi sono benefit tradizionali e benefit più curiosi. Tra i servizi che si svolgono all’interno dell’azienda si distinguono l’asilo aziendale, aperto o chiuso al territorio, il maggiordomo aziendale, che si accolla le commissioni che i dipendenti fanno fatica a sbrigare (dalla lavanderia ai certificati dell’anagrafe), la mensa ma anche i luoghi di relax aziendali, la palestra e a volte la piscina.
Per i figli dei dipendenti vi sono borse di studio, vacanze estive, vacanze studio all’estero, rimborso delle rette scolastiche o servizi di orientamento formativo e professionale. Per i più piccoli entrano in azione le baby sitter convenzionate e affidabili. Per i trasporti la navetta e il sostegno al car sharing. Prevenzione della salute e aiuti integrativi previdenziali sono tra i benefit più apprezzati, insieme allo smart working da casa, agli orari flessibili e all’abolizione dell’obbligo di timbrare il cartellino, che aiuta il clima aziendale.