Eleonora Di Maria, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Padova e referente della Federazione per i temi dell’Economia Circolare e della Green Economy, sarà protagonista al Galileo Festival venerdì 12 maggio (ore 11.30), nell’ambito del convegno sul tema “Economia circolare: quali sfide ed opportunità per il comparto moda?”. Al confronto, in programma a Palazzo Moroni, interverranno Guido Zilli (progetto greenLIFE), Matteo Ward (Wrad) e Valentina De Marchi (Università di Padova).
Il tema della sostenibilità ambientale è entrato in modo diretto nell’agenda di molte imprese ed operatori economici, sotto la spinta delle crescenti richieste di mercato così come di nuove scoperte scientifiche e pressioni normative. Si tratta di contribuire a salvare il pianeta riuscendo allo stesso tempo a combinare sostenibilità ambientale ed economica (oltre che sociale). Nel dibattito sui diversi percorsi attraverso cui arrivare a questo obiettivo emerge in modo sempre più chiaro il sentiero tracciato da quella che viene definita l’”economia circolare”: un cambio netto di paradigma rispetto all’attuale modello lineare di produzione e consumo. Un paradigma in cui i rifiuti (o gli scarti) prodotti alla fine della produzione o del consumo vengono reimmessi nel ciclo produttivo – con l’obiettivo di “chiudere il cerchio” – puntando a trasformare ogni rifiuto in una nuova risorsa e dove i prodotti possano essere riparati, riusati e riciclati. Su questo l’Unione Europea sta attualmente delineando i prossimi interventi legislativi e di investimenti per traghettare l’Europa verso uno scenario di economia circolare, come fattore potenziale di crescita e di competitività industriale. Non si tratta semplicemente di ridurre la quantità e qualità di rifiuti prodotti, ma di adottare un’idea di sviluppo e di modello economico molto differente. L’economia circolare spinge a ripensare come le imprese tradizionalmente hanno approcciato lo sviluppo dei prodotti, l’organizzazione dei processi produttivi, la gestione delle risorse (energetiche e non) ed il rapporto con il mercato. Il comparto della moda costituisce un ambito interessante nonché obbligato in cui applicare l’economia circolare, visto il peso ambientale (e sociale) che ha la moda a livello mondiale – seconda industria per inquinamento dopo il settore petrolifero (il 25% delle sostanze chimiche prodotto a livello globale è utilizzato nella moda, si veda la campagna Detox di Greenpeace).
Inoltre l’affermazione del fast fashion ha portato ad un aumento della produzione – in particolare di prodotti a basso costo in fibre sintetiche (che rappresentano il 62% circa del consumo globale di fibre) – con conseguenze negative sia sul fronte produttivo che nella gestione dei prodotti a fine vita (solo negli Stati Uniti si stima che ogni anno vengano gettati oltre 11 milioni di tonnellate di rifiuti tessili). Una prima sfida per le imprese riguarda l’opportunità di strutturare l’innovazione di prodotto in modo aperto, superando le barriere tra settori e andando a scoprire risorse da utilizzare sul fronte dei materiali input all’apparenza anche molto lontani da traiettorie tecnologiche specifiche o reti di collaborazioni già collaudate. Si tratta di un’enorme spazio di creatività in cui grazie al ruolo di attori che svolgono funzioni di “scouting” dei materiali partendo dall’esperienza del riciclo, all’estro di nuovi imprenditori o all’esplorazione dei ricercatori si possono trovare soluzioni originali frutto di vincoli sulle risorse da utilizzare. Un esempio è rappresentato dal progetto vicentino GreeLife orientato a ridurre l’utilizzo di sostanze inquinanti e recuperando gli scarti della concia per aumentare la sostenibilità del processo conciario. Sempre nell’ambito della pelle, ma con una prospettiva completamente diversa, vi è il caso la pelle vegetale Wineleather di Vegea ottenuta dagli scarti delle vinacce, che ha recentemente ottenuto il Global Change Award 2017 della H&M Foundation (incentrato sull’innovazione nel comparto moda). Un altro esempio è costituito da Graphi-Tee, una t-shirt realizzata da Wrad in collaborazione con Alisea, che viene tinta in maniera sostenibile utilizzando polvere di grafite riciclata (secondo un processo e un brevetto di Alisea – Perpetua la Matita). Una nuova mappa dell’innovazione molto promettente, che richiede però il superamento di vincoli burocratici connessi alla gestione dei rifiuti per dare maggiori gradi di libertà alla sperimentazione.
Ulteriori due sfide, tra loro interconnesse, riguardano il coinvolgimento più attivo dei consumatori da parte delle imprese ed una ridefinizione del proprio modello di business non legato unicamente all’offerta di nuovi prodotti, ma puntando anche all’offerta di servizi. Nell’economia circolare i consumatori sono parte fondamentale della messa a valore delle risorse, perché possono contribuire a riutilizzare i prodotti a scala più ampia – vedi il legame con la sharing economy – ma anche aiutare l’impresa nell’attività di recupero dei materiali o dei prodotti a fine vita e loro riciclo. Nella moda, la raccolta di abbigliamento usato è praticata da distributori e imprese dell’abbigliamento come H&M, OVS, o Calzedonia, anche grazie alla nascita di operatori specializzati come I:CO. Inoltre i consumatori possono collaborare con l’impresa per allungare la vita utile attraverso la riparazione del prodotto. In quest’ambito l’impresa può sviluppare nuovi servizi, anche grazie alle nuove tecnologie, che – mentre aiutano a fidelizzare i clienti – consentono di abbracciare la logica dell’economia circolare oltre la vendita spot del prodotto. In questa direzione ha investito Patagonia – impresa statunitense da sempre impegnata sul fronte della sostenibilità ambientale – che ha avviato dal 2005 un programma globale per il ritiro e riparazione dei propri capi con l’obiettivo di sviluppare anche una piattaforma online per la gestione del servizio (Patagonia ha ricevuto quest’anno a Davoz il Accenture Strategy Award for Circular Economy Multinational), mettendo allo stesso tempo i consumatori in grado di riparare da soli i propri capi quando possibile. Questo percorso di gestione dei processi in chiave di economia circolare può essere ulteriormente potenziato grazie al ricorso alle tecnologie di rete e alle soluzioni legate all’industria 4.0, come ad esempio l’Internet delle cose (IoT). Come ha mostrato un recente studio della EllenMcArthur Foundation, la tracciabilità dei prodotti o il monitoraggio dei consumi a distanza possono aiutare ad aumentare l’ottimizzazione delle risorse e accrescere la conoscenza – lato impresa e lato consumatori (vedi etichette intelligenti nella moda) – sul fronte della sostenibilità. L’Italia con il suo primato nel comparto della moda a livello internazionale e il ruolo che sta avendo anche sul fronte dei risultati dell’economia circolare (fonteSymbola) può costituire senz’altro un buon punto di osservazione per gli sviluppi futuri in questo ambito.