C’è un mondo, quello delle imprese artigiane, che cerca di aggredire i mercati, rinnovarsi per essere competitivo e vincere questa crisi epocale. Ma hai voglia a lottare se poi hai di fronte un sistema paese, come quello italiano, che resta fermo, e invece di correre assieme alle sue imprese è una vera e pro- pria palude dove lo slancio degli imprenditori inevitabilmente rischia d’incagliarsi. Nel corso del mio mandato come presidente della Confartigianato metropolitana Città di Venezia non mi limiterò a indicare le criticità e chiedere un’ormai improcrastinabile evoluzione a misura d’impresa del Sistema Italia, ma mi batterò per tutto il mio mandato su questi temi. Viviamo in un Paese, l’Italia, dei record negativi: il Paese è al 50° posto della classifica mondiale per le condizioni favorevoli a fare impresa. A cominciare dal punto dolente del fisco: nel 2017 il carico fiscale arriva al 43% del Pil. In pratica il sistema Italia paga 24,3 miliardi di tasse in più rispetto alla media europea. Per le piccole imprese il prelievo maggiore si registra nei Comuni più inefficienti, dove tra Imu, Tasi e addizionale Irpef un piccolo imprenditore paga 4. 373 euro l’anno. A frenare la competitività delle imprese, poi, pesa il cuneo fiscale sul costo del lavoro dipendente, pari al 47,8%, vale a dire 11,8 punti superiore al 36% della media Ocse.
Ma non è finita. L’Italia è tra i peggiori d’Europa anche per la tassazione sull’energia che è pari al 2,8% del Pil, un dato superiore di 0,9 punti rispetto alla media Eurozona. Record negativo anche per il prezzo del gasolio pagato dalle imprese: con 1,128 euro al litro è il più alto dell’Eurozona. Idem per l’energia elettrica, che costa alle piccole imprese il 25,6% in più rispetto alla media delle imprese europee. Maglia nera anche per le tariffe della raccolta rifiuti che negli ultimi 5 anni sono aumentate del 18,7% rispetto al + 7,9% della media Ue. Le cose non vanno meglio per il credito: nel 2016 i finanziamenti alle imprese artigiane sono diminuiti di 2,7 miliardi (-5,9%) e ad- dirittura, rispetto al 2011, il calo è stato di 13,5 miliardi (-24,3%). Se le imprese s’impegnano e investono in in- novazione lo stesso non si può dire per l’Italia che, in quanto a digitalizzazione, si colloca al 25° posto tra i 28 Stati dell’Ue, scendendo alla 27° posizione per l’accesso delle imprese alla banda larga ad alta velocità. In pratica è connesso soltanto il 15,2% delle aziende, rispetto al 31,7% della media europea.
Non c’è da stupirsi quindi se tra i Comuni italiani che gestiscono on line i servizi soltanto il 3,1% di quanto realmente serve a cittadini e imprenditori lo si può fare in rete. Di conseguenza soltanto il 23% degli italiani si dichiara soddisfatto dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni, contro la media europea del 52%; da- to che ci colloca al penultimo posto nell’Ue. Nel frattempo gli enti pubblici hanno accumulato un debito commerciale verso le imprese fornitrici di beni e servizi pari a 64 miliardi e si fanno aspettare in media 95 giorni (rispetto ai 46 giorni della media Ue) per saldare le fatture agli imprenditori. Quanto, infine, al futuro delle nuove generazioni, c’è molto da recuperare: la spesa per giovani e famiglie è pari all’1,5% del Pil, contro l’1,7% della media Ue, una percentuale che ci colloca al 15° posto tra i 28 Paesi europei.
Salvatore Mazzocca
presidente della Confartigianato metropolitana Città di Venezia