Delocalizzare per tagliare i costi. E, in alcuni casi, usufruire di condizioni fiscali più convenienti. Il dumping fiscale, procedura con la quale alcuni Paesi attraggono produzioni da altre parti del mondo, abbassando le aliquote e la pressione fiscale, (e in alcuni casi offrendo anche sconti e incentivi) è finito al centro dello scontro tra il governo ed Embraco, la società brasiliana del gruppo Whirlpool che ieri ha confermato 500 licenziamenti nel torinese e che è pronta a trasferire la produzione dei compressori per frigoriferi in Slovacchia.
Ma la Embraco non è la sola realtà ad aver scelto di fare le valigie per l’Est. A volare in Slovacchia c’è anche un’altra multinazionale statunitense, la Honeywell, che realizza compressori per motori diesel ad Atessa, in provincia di Chieti, dando lavoro finora a circa 400 persone, senza contare l’indotto. Per non parlare di moltissime altre imprese che negli anni hanno deciso di spostare la produzione in Slovacchia.
“Su questo dramma del lavoro registro, da parte dei Ministri Calenda e Padoan, un atteggiamento nei confini italiani e (fatto ancora più eclatante e strano) in Europa, per lo meno originale. Di certo posizioni mai riscontrate mentre -negli ultimi 20 anni- il fior fiore delle imprese industriali del nostro Paese spostavano di qua e di là -nell’est Europa e nel mondo (anche il più sconosciuto e lontano) un intero settore come quello della moda. Manovra elettorale o è cambiato qualcosa? La domanda se la pone Giuliano Secco Presidente regionale della Federazione Moda che spiega: “abbiamo dimezzato in pochi anni le imprese artigiane (passate da oltre 15mila alle poco più di 6mila). Perduto 50mila posti di lavoro. Combattiamo tutt’oggi una dura battaglia con coloro che vorrebbero vedere realizzate le loro creazioni qui da noi allo stesso costo del Bangladesh oppure ci mettono in concorrenza con i laboratori clandestini o, ancora peggio, con quelli cinesi che, nei nostri stessi territori, producono nell’ignoro totale di qualsiasi regola e tutela del lavoro. Cose denunciate periodicamente da anni e che non hanno mai visto un solo ministro dello Sviluppo economico cercare di “vederci chiaro” scrivendo al commissario UE (oggi commissaria Margrethe Vestager), invitando l’esecutivo a monitorare le politiche fiscali e gli incentivi diretti messi in campo dalla Slovacchia per attrarre imprese sul suo territorio e appurare che le relative misure siano messe in atto nel pieno rispetto e nella piena compatibilità con le regole e i regolamenti Ue sugli aiuti di Stato come appena accaduto per la Embraco”.
“Perché nel nostro caso -si chiede Secco- non è stato fatto notare con questa forza che i paesi dell’Est, che beneficiano peraltro di fondi europei, fanno dumping per attirare produzioni dal resto dell’Europa? Se è vero che le norme Ue sugli aiuti di Stato dovrebbero impedire agli Stati membri di utilizzare denaro pubblico per incentivare la delocalizzazione di posti di lavoro da un Paese dell’Unione in un altro, -conclude- allora questo deve valere anche per le maglie, le scarpe, gli occhiali, le borse etc mandate a fare in Polonia Slovacchia etc etc”.